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I parrucconi*

Essere in Europa significa far parte di una comunità cosmopolita. Significa aspirare a servizi pubblici efficienti, propri dei Paesi più avanzati dell’Unione. Significa sentirsi liberi di viaggiare in quasi tutto il continente senza passaporto. Significa utilizzare una moneta forte, che compete con il dollaro e la sterlina. La crisi non dipende dall’euro. Si è manifestata in Italia, come nel resto del mondo, a partire dal 2008, circa sei anni dopo l’entrata in vigore della moneta unica. Le speculazioni commerciali seguite al turnover monetario sono via via diminuite, e oggi un consumatore attento può evitarle senza troppe difficoltà.

Bisogna ammettere che il potere di acquisto dei salari è diminuito. Il costo di alcuni beni, sia primari sia secondari, è aumentato, talvolta raddoppiato. Non si può dire altrettanto degli stipendi.

Tuttavia, osservando l’andamento degli indici congiunturali, ci si rende conto che qualcosa sta cambiando. Anzitutto il PIL ha arrestato la sua caduta. Anzi, continua a crescere, seppur in maniera lieve, dal quarto trimestre del 2012, passando dal picco negativo di -2,8 punti percentuali a quello attuale di -0,9.

La positiva discesa dello spread continua, e adesso il differenziale tra i BTP italiani e i BUND tedeschi è a quota 169 punti base, circa un terzo del picco negativo registrato alla fine del 2011.

Anche l’inflazione rimane bassa. Secondo l’ISTAT «L’inflazione di fondo, al netto degli alimentari freschi e dei beni energetici, scende allo 0,9%, dall’1,0% di febbraio». Quest’ultimo dato può avere almeno due interpretazioni. La prima è che la bassa inflazione produrrà deflazione, perché il ristagno dei prezzi spingerebbe le imprese a non fare investimenti. La seconda è che la bassa inflazione produrrà l’aumento dei consumi, perché i beni diverrebbero più accessibili. Questa considerazione pare confermata anche dall’aumento di ottimismo nei consumatori. Infatti, sempre secondo l’ISTAT, «a marzo 2014 l’indice del clima di fiducia dei consumatori in base 2005=100 registra un significativo incremento, raggiungendo il valore di 101,7 da 97,7 del mese precedente». Ma occorrerà aspettare ancora qualche mese per ottenere valutazioni più precise.

Il problema principale, dunque, rimane il tasso di disoccupazione, che invece continua a salire. Nel periodo febbraio 2013/2014 è passato dall’11,8 al 13%. Solo Grecia e Cipro hanno fatto registrare risultati peggiori. In Italia è stata stimata una perdita di circa mille posti di lavoro al giorno.

Quello della disoccupazione è dunque uno dei maggiori ostacoli alla ripresa del mercato interno. Le responsabilità di ciò non possono che essere ricercate nella politica. Pertanto il tentativo riformista avviato da Renzi deve essere guardato con favore.

Il superamento del bicameralismo perfetto, auspicato anche dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, è quindi una condizione necessaria e propedeutica al suo compimento. Un programma di riforme di ampio respiro non può rischiare di bloccarsi a causa dei continui rimpalli tra Camera e Senato. Inoltre il Senato delle Autonomie, così come concepito da Renzi, garantisce la Costituzione, perché eventuali modifiche alla carta costituzionale rimangono sottoposte all’approvazione di entrambi i rami del parlamento.

Amareggiano ma non stupiscono i veti dei partiti antagonisti, che cercano di guadagnare consensi spingendo l’elettorato verso una deriva populista, che in Francia ha riscosso grande favore alle ultime elezioni amministrative.

La situazione socio-politica dei vicini d’oltralpe, però, è differente da quella italiana. Agitare il vessillo anti euro non ha senso in Italia, dove la paralisi è causata dalla disparità sociale, dalle barriere della burocrazia e dall’arroccamento dei gruppi di potere.

Sul fronte della lotta agli sprechi, tuttavia, qualcosa si muove. L’abolizione delle Province e l’erosione degli stipendi dei manager pubblici, che dovrebbero essere avviati tra qualche mese, rappresentano timidi segnali positivi.

Sprechi persistenti, invece, che sono stati oggetto nelle ultime settimane di un’intensa campagna di stampa, sono quelli della Corte Costituzionale. “La Consulta” costa il doppio dell’omologo consesso tedesco. Quaranta milioni in Italia, venti in Germania. Nel Belpaese, oltre a stipendi e pensioni da capogiro, i giudici godono di una serie di benefit, come la disponibilità di un’abitazione concessa a titolo gratuito, pedaggi autostradali e biglietti ferroviari gratuiti anch’essi, una flotta di auto blu sempre disponibile, il cui costo ammonta a circa 750 euro giornalieri. In Germania solo i vertici della corte dispongono di auto blu, e solo nei casi strettamente necessari. Questa differenza di costi, infine, non comporta una maggiore efficienza della Consulta. Un esempio su tutti è il caso del Porcellum, la legge elettorale dichiarata incostituzionale otto anni dopo l’entrata in vigore.

Articolo pubblicato sul numero di aprile del “Giornale dell’Agente di Commercio” al link: http://www.gagecom.it/i-parrucconi/

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