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Il pianofusion di Forlani suona la rinascita con “Still ground”

Metti 88 tasti bianchi e neri, metti lo stile di un pianista dalle atmosfere jazz come Sergio Forlani,  aggiungi nomi come Dario Franco, Enrico Del Gaudio, Brunella Selo, Carlo Lomanto, Giulio Martino, Fausta Molfini, Valentina Ranalli, Simone Sannino, Lorenzo Federici, Raffaele Carotenuto, Rocco di Maiolo, agita il tutto a colpi di fusion e si otterrà “Still Ground”, ovvero l’ultima produzione di Sergio Forlani. Un disco pubblicato dalla Useless Label, messo in piedi in piena pandemia già è di per se un progetto coraggioso, perchè sfida l’incertezza dei tempi, l’immobilità a cui sono stati costretti gli abitanti del pianeta in un tempo sospeso in cui c’è stato spazio quasi soltanto per il sentimento della paura. La musica è quindi un forte ponte che ha unito musicisti diversi per storia ma simili per intenti e volontà: lanciare un messaggio di speranza. “Still ground” fa proprio questo, parte dalle radici musicali di Forlani che, con un linguaggio internazionale dalla forte connotazione jazz /fusion, vola alto e regala sei atmosfere diverse, sei sono infatti i brani contenuti nell’album :  “St. Moritz” riecheggiante il Jeff Lorber anni 90, “Clean Sheet” dal sound Montecarlo night, “Just in Town” dal tipico groove fusion ’80 e “Black Exit”, funk/blues dal sound EW&F, poi “People of Hope” una ballad e “Rise Street” un gospel, entrambi brani cantati. Tutti brani che ritroveremo live il 18 marzo  presso lo Slash Plus del Vomero. Per l’occasione   abbiamo raggiunto Sergio Forlani  per scambiare un po’ di chiacchiere sul disco e non solo.

Ecco l’intervista:

 Still ground, un album che ha una storia di “relisienza” per dirla con una parola usata e abusata, alla quale preferirei invece sostituire la parola “rinascita”. Quanta forza è servita al musicista Sergio Forlani per superare l’empasse del periodo storico che ci impone e ritornare a comporre?

 Eh, molta ma molta forza tanto più che in piena pandemia ero precipitato in un difficile momento di impasse psicologica, non vedendo all’orizzonte nessun tipo di uscita. A un certo punto a inizio 2021 mi sono dato uno scossone e ho contattato Massimiliano Pone di Godfatherstudio per pianificare delle sedute di registrazione per l’estate. Con un obiettivo concreto davanti la vena compositiva è tornata a sgorgare ed è lì che poi nasce STILL GROUND. 

Dopo la pandemia, la guerra! Sembra che il  periodo non sia dei più rosei. Come si affronta l’incognita “estate” dal punto di vista della programmazione di tour e live?

L’incognita estate dal punto di vista della programmazione live in tempi di guerra si affronta allo stesso modo che in tempi di pandemia: navigando a vista, sperando in meno cancellazioni di eventi possibile e augurandosi sempre di non doversi mai trovare a vivere momenti del genere da vicino. 

 “People of hope” assume oggi ancora di più i connotati di una canzone di speranza, quindi l’artista che si mette in gioco per portare un messaggio positivo. Ti ritrovi in questa veste? C’è qualche esempio di musicista illustre a cui ti ispiri o che ti piace citare, che si sta adoperando in questo periodo per aiutare le vittime della guerra?

 Ho composto People of Hope proprio per dare il mio contributo ad un messaggio di speranza, la speranza di un pronto ritorno alla normalità dopo la pandemia attraverso la musica, quella mia e di tanti altri colleghi e colleghe musicisti. Allo stesso modo credo che People of Hope, visto il momento che viviamo, possa servire come messaggio di pace nel mondo. Non sono a conoscenza di quali artisti si stiano adoperando con delle iniziative di aiuto per le vittime della guerra ma credo che un artista storica che si è sempre battuta per i diritti umani come Joan Baez non se ne stia sicuramente con le mani in mano. 

Sempre a proposito della guerra, credi che schierarsi sia un comportamento giusto( anche alla luce di narrazioni mainstream) o che l’arte debba mostrarsi neutrale e procedere nella direzione univoca della pace?

L’arte deve mostrarsi neutrale e procedere nella direzione univoca della pace, ma al tempo stesso schierarsi sempre dalla parte di chi si batte con i fatti per la pace, perché questa è la sua direzione. Mi fa specie però constatare che chi dovrebbe qui da noi tutelare i diritti musicali di artisti russi ha di fatto interrotto detta tutela artistica a favore di queste persone che magari non condividono assolutamente la posizione assunta dal loro paese.  

Ritornando ad oggi e alla tua città Napoli, dove ti esibirai in trio, che concerto sarà quello dello Slash Plus?

Nel concerto di venerdì 18 marzo allo Slash Plus cui prenderò parte con Dario Franco al basso ed Enrico Del Gaudio alla batteria, presenterò i 4 brani strumentali di STILL GROUND più 5/6 brani del mio precedente lavoro NON SOLO ETNO, quindi posso dire che sarà un concerto all’insegna del genere jazz/fusion che da tempo sto cercando di portare avanti, tra sala registrazione e spazi live, pandemia e guerra permettendo. 

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