Fare previsioni, elencare numeri, cercare il possibile leit-motiv di una sfida: tutte operazioni che rischiano di rivelarsi perdite di tempo, una volta che il campo stravolge ogni apparente logica . A voler cercare un tema dei playoff 2014, proprio le tante forme di tempo perso possono prestarsi allo scopo. Intenditori ed amanti del gioco, sottoscritto compreso, avevano recitato il “De profundis” agli Oklahoma City Thunder i quali, orfani di Ibaka causa infortunio per i primi due episodi della serie contro i San Antonio Spurs, con poche speranze di rivederlo in azione, salvo poi ritrovarsi il numero 9 in piedi e anche bello pimpante solo due giorni appresso. Dopo un piccolo spavento, con la parziale rimonta di Durant e soci, la vittoria degli Spurs ci ha evitato una ritrattazione di stampo galileiano. Il tempo perso da chi ha provato a nascondere magagne che a questi livelli emergono e azzoppano, da chi ha cercato di mostrarsi per quello che non si è: è il caso degli Indiana Pacers, alla cui favola dal titolo “Andiamo d’amore e d’accordo” avevano creduto in pochi. Letteralmente implosi nella finale della Eastern Conference, hanno lasciato strada per la quarta finale consecutiva ai loro aguzzini storici, i Miami Heat.
Ma qualche riga bisogna pur dedicarla, quindi… Sarà rivincita, San Antonio-Miami come l’anno prima di questo, e ancora negli occhi degli appassionati la bellezza violenta di quella serie, che non si è fatta mancare davvero niente in termini tecnici ed emozionali. Era dal ’97-’98, dai tempi della faida tra i Bulls di Jordan e i Jazz di Stockton e Malone, che non si verificava un rematch a livello di Finals. Allora fu replica di Chicago e secondo “three-peat” completato sotto il segno del leggendario numero 23. Il fattore campo questa volta arride alla truppa di coach Popovich, vantaggio non da poco considerato che nel catino dell’AT&T Center hanno un record di 9-1 in questi playoff e che gli Heat faranno fatica ad abituarsi ai ritmi imposti fin dalla palla a due di gara-1. Il gap è rimarchevole: tra le due squadre, in questa postseason, ci sono ben 10 possessi di differenza di media a partita (96 per gli Spurs, 86 per gli Heat), l’anno scorso i nero-argento, pur di tener fede ai concetti su cui è predicato il loro attacco, mandavano un solo uomo a rimbalzo offensivo per non logorare i lunghi in rientri difensivi a ritmo insostenibile, rinunciando a infierire sui problemi a rimbalzo altrui, consolidato tallone d’Achille degli Heat. La marcatura di James, stando alle dichiarazioni dello staff, dovrebbe essere affidata in “single coverage” a Kawhi Leonard, ma un po’ tutti attendono il riproporsi di una variante tattica rivoluzionaria presentata da San Antonio lo scorso anno: mandare un lungo (Boris Diaw) sulle piste di LeBron, in modo che lo marcasse a distanza per concedergli il palleggio-arresto-tiro sperando in basse percentuali (ma quello è IL tiro a bassa percentuale), intasando l’area con gli altri uomini per sconsigliare una penetrazione. La scelta si rivelò azzeccata per lunghi tratti della serie (0-6 in gara-5 per James quando marcato da Diaw) fino a quando, per propiziare rimonte che più volte Miami è stata costretta a compiere, Spoelstra rinunciò a Wade, seconda stella della squadra ma riluttante al tiro da fuori nonostante ricopra il ruolo di guardia, per inserire un tiratore puro come Mike Miller. A quel punto il campo era diventato “troppo grande” per affidare “The King” alle cure di Diaw.
Miami ha il vantaggio di sapersi omologare ai ritmi alti, ha i giocatori e la mentalità per farlo, ma quell’uomo-chiave offensivo impersonato da Mike Miller non c’è più e non si vede nessuno che possa farne le veci, privando Spoelstra di questa possibile soluzione. L’idea difensiva sarà quella di togliere il tiro da tre agli avversari, tenendo più di un giocatore sopra la linea del pallone ed esponendosi consapevolmente alle zingarate in area di Tony Parker e al “roll” del lungo che porterà il blocco, ma andrà bene se riusciranno a limitare le bocche da fuoco texane.
Ci siamo, ancora poche ore e sarà battaglia tra le due squadre più forti di un campionato che è massima espressione di uno sport, con quella dell’ovest lievemente favorita, e pazienza se forzerà il pubblico italiano alle ore piccole, questa no che non è una perdita di tempo.