Steve McCurry è uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea ed è un punto di riferimento per molti, soprattutto giovani, che nelle sue fotografie riconoscono un modo di guardare il nostro tempo. In ogni suo scatto è racchiuso un complesso universo di esperienze e di emozioni e molte delle sue immagini sono conosciute in tutto il mondo.
La nuova rassegna allestita al PAN – Palazzo delle Arti di Napoli da Civita Mostre, in collaborazione con SudEst57 (media partner dell’evento Il Mattino e Radio Kiss Kiss), e visitabile fino al 12 febbraio prossimo, oltre a presentare il nucleo essenziale delle sue fotografie più famose insieme ad alcuni lavori più recenti e ad altre foto non ancora pubblicate nei suoi numerosi libri, mette in particolare evidenza la sua attività di fotografo impegnato “senza confini”, nei luoghi del mondo dove si accendono i conflitti e in cui si concentra la sofferenza di popolazioni costrette a fuggire dalle proprie terre. Il tema è purtroppo di grande attualità e Steve McCurry lo ha documentato fin dalla fine degli anni ’70.
“Questa mostra, ponendosi sulla scia delle precedenti esposizioni di arte contemporanea internazionale al Pan, è una nuova e interessante iniziativa – sottolinea Nino Daniele, Assessore alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli -, oltre che per la valenza artistica delle fotografie, per la forza dei racconti di Steve McCurry. Una narrazione per immagini dell’uomo contemporaneo nel mondo, nella sofferenza e nella violenza della guerra, nella diversità delle culture e delle etnie, in cui la tragica crudezza della vita raggiunge livelli di lirismo intensissimi che uniscono il cuore e l’anima di chi sta dietro e davanti la pellicola. Una lezione di fotografia e di umanità che ha affascinato dal primo scatto reso noto e continua a catturare invitando ad ammirare l’altro con la stessa curiosità e meraviglia del nostro autore”
Il percorso di visita si apre infatti con una sezione di foto in bianco e nero, scattate da Steve McCurry tra il 1979 e il 1980 nella sua prima missione in Afghanistan, dove era entrato insieme ai mujaheddin che combattevano contro l’invasione sovietica, finanziati dagli Stati Uniti. Quel reportage fu consegnato ai media americani in maniera piuttosto rocambolesca (i rullini vennero cuciti nei vestiti per non farli requisire ai controlli di frontiera).
In quel paese è tornato numerose volte e da quel paese veniva la ragazza che ha fotografato nel campo profughi pakistano di Peshawar, diventata ormai una icona assoluta della fotografia mondiale, ma anche un simbolo della speranza di pace che sembra impossibile in un mondo agitato da guerre ed esodi di massa. Il suo ritratto più famoso è esposto insieme ad altri due scatti, uno dei quali realizzato da McCurry a distanza di 17 anni, dopo averla finalmente ritrovata, al termine di una lunga ricerca.
Nei luoghi del mondo dove la vita è spesso più difficile, l’obiettivo di Steve McCurry ha saputo raccogliere immagini di grande poesia, ma ha saputo documentare anche le atrocità della guerra e della violenza di cui, purtroppo, l’umanità sa rendersi protagonista, dalle Torri gemelle alla guerra del Golfo, dal conflitto in Afghanistan al Giappone dopo lo tsunami, dai bambini soldato al dolore degli ospedali: immagini dure, che svelano un inconsueto McCurry, ma che allo stesso tempo rivelano un filo rosso nella sua poetica fotografica, centrata sul contrasto tra tradizione e modernità e su una sottile ironia umanistica.
Il progetto espositivo curato da Biba Giacchetti propone quindi un viaggio nel mondo di McCurry, dall’Afghanistan all’India dei monsoni, dal Medio Oriente di Saddam al Sudest asiatico, dall’Africa a Cuba, dagli Stati Uniti all’Italia, attraverso il suo vasto e affascinante repertorio di immagini, in cui la presenza umana è sempre protagonista, anche se solo evocata. Nel suggestivo allestimento di Peter Bottazzi questa umanità ci viene incontro con i suoi sguardi in una sorta di girotondo a scale dove si mescolano età, culture, etnie, che McCurry ha saputo cogliere con straordinaria intensità, con l’ultima sala dedicata alle tragedie degli anni ’90 e 2000.
La mostra propone infine a tutti i visitatori una audioguida in cui McCurry racconta i suoi scatti in prima persona, con appassionanti testimonianze e alcuni filmati dedicati ai suoi viaggi, all’avventura della sua vita e della sua professione. Per conoscere meglio il suo modo di fotografare, ma soprattutto la sua voglia di condividere la prossimità con la sofferenza, con la gioia e con la sorpresa.
Orari
Tutti i giorni, escluso il martedì, dalle ore 9,30 alle ore 19,30, la domenica dalle ore 9,30 alle 14,30
La biglietteria chiude un’ora prima
Biglietti
Intero € 11,00 (comprensivo di audioguida)
Ridotto € 10,00 per gruppi di almeno 12 visitatori e titolari di convenzioni appositamente attivate (comprensivo di audioguida)
Ridotto speciale € 5,00 per scuole e giovani fino a 26 anni (comprensivo di audioguida)
Gratuito per minori di 6 anni, 2 accompagnatori per classe e accompagnatore di disabili e per giornalisti accreditati (le mail per inoltrare la richiesta sono le seguenti: b.izzo@operalaboratori.com, leone@civitamusea.it).