Da venerdì 9 a domenica 11 settembre alla Sala Assoli di Napoli (Vico Lungo Teatro Nuovo, 110), lo storico teatro dei Quartieri Spagnoli, andrà in scena Salvatore – favola triste per voce sola di e con Silvio Laviano, uno spettacolo che si avvale della regia di Tommaso Tuzzoli. Lo spettacolo rientra nel Progetto Contemporanea PAC 3.3 – Il Teatro soc.coop. a.r.l., ed è condiviso con il Teatro Galleria Toledo di Napoli a cui è associato il laboratorio teatrale condotto dall’attrice/trainer Sabrina Jorio e dal regista Tommaso Tuzzoli. L’iniziativa ha avuto un buon riscontro, ricevendo settanta richieste di partecipazione da parte di giovani allievi, aspiranti attori e professionisti del settore teatrale.
Quella di Salvatore – una favola triste è la storia di un viaggio, una favola fatta di profumi, di colori e di respiri. Una contaminazione di lingue, linguaggi e ritmo. “Una discesa leggera verso il cratere centrale dell’Etna, altro protagonista essenziale del testo. Il punto di partenza è un grembo materno, il punto d’arrivo invece è un non luogo, dove convivono la follia, il ricordo e la febbre. L’uso del dialetto siciliano Catanese è l’unico mezzo espressivo dell’emozione mentre il racconto, fatto in prima persona e in lingua italiana, detta i tempi dell’azione e crea il mondo del ricordo e del particolare”, spiega Silvio Laviano.
I due linguaggi si fonderanno pertanto in corso d’opera, con una punteggiatura fatta di respiri, di interpunzioni, fino alla piena coscienza, nel quadro finale, della propria rivoluzione umana.
L’attore si fa prima direttore d’orchestra delle ombre del proprio passato e poi strumento per farle suonare, per farle respirare. Lui da solo in scena si riempie di un magma di emozioni, di corpi e di voci diverse che esplodono attraverso quell’unico corpo, pronto nei gesti, nel sudore, nella voce e nel cuore ad essere abitato. Le ombre/personaggi accompagnano la vita di Salvatore–favola triste per voce sola dal giorno della sua nascita fino al giorno del suo trentesimo compleanno, in un vortice senza sosta. Salvatore è un racconto diviso in cinque quadri che rivive le atmosfere della città di Catania, specchio di un mondo legato alle tradizioni religiose, ai sacri riti profani, al senso della famiglia, degli amici e degli amori, ma anche riflesso di un mondo corrotto da una nuova civiltà dei consumi, ricca di nuovi idoli e priva di ogni passato, la stessa contestata e da cui ci aveva messo in guardia Pier Paolo Pasolini a suo tempo. Una nuova civiltà che “distruggendo le varie realtà particolari e togliendo realtà ai vari modi di essere uomini, azzera ciò che l’Italia ha prodotto in modo storicamente differenziato”, osserva infatti il regista Tuzzoli. I contorni di questo mondo così come i personaggi, immersi in un contesto quasi da favola, sono tracciati inizialmente con toni leggeri per poi divenire grotteschi e scendere così verso le zone oscure di una realtà che, schiacciando possibilità e desideri, conduce a nevrosi che rasentano la follia, rischiando di deviarci dai nostri sogni e trasformando questi in incubi. Riaprire le porte del passato per seppellire le paure, per sorridere delle lacrime versate, per tramutare le assenze in presenze e raccontare il tutto con quella gioia infantile di chi guarda davvero al tempo andato, senza mai smettere di correre verso il futuro, consapevole di se stesso e della propria origine: questo è Salvatore – una favola triste per voce sola.