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L’UE vista dal punto di vista dogmatico e filosofico

De Bortoli, sul Corriere della Sera di domenica scorsa nella sua denuncia dei ritardi sul Green, ha giustamente sostenuto la necessità di affrontare la crisi climatica che non ammette negazionismi di sorta, e battere le resistenze a pannelli, decarbonizzazione, a nucleare senza uranio che richiede investimenti, a dighe etc. E però sarebbe doveroso ricordare che USA, Cina, India e Giappone producono il 67 % del gas serra e Co2 nel mondo. E che non hanno alcuna intenzione di rinunciare al fossile e ai motori a combustione. Altro dato: l’Italia genera lo 0,7/0,8% di Co2 del mondo, la metà della Germania e meno della Francia. Siamo a 355mila tonnellate all’anno mentre la Germania è ad oltre 700mila. Non parliamo di USA e Cina, rispettivamente a 10 e 5 milioni di tonnellate. Bene. La Ue prevede elettrico che inquina fuori e prevede fossile e infrastrutture e ripudia altre fonti automotive. Si calcola infatti che un parco macchine in Italia al 100 per cento elettrico aumenterebbe del 30% il consumo di energia elettrica. Prodotta da fossile. Laddove estrarre una tonnellata di litio per batterie genera dalle 5 alle 15 tonnellate di Co2! Ne sanno qualcosa in Congo o nelle Filippine. Ebbene scegliere la monocultura elettrica le cui basi sono in mani cinesi, americane e giapponesi, distruggerà la nostra filiera industriale a combustione, anche di combustione green alternativa. Mentre gli altri competitor, senza rinunciare alla combustione, ci inonderanno del loro elettrico, inquinante e distruttivo della natura anche per estrarne i componenti come abbiam detto.

Dunque, atteso che al Green in un modo o nell’altro non si può rinunciare, non sarebbe giusto: a) che la Ue stabilisse una tabella temporale ciascun Paese per raggiungere neutralità in rapporto anche alla quantità di inquinamento che genera? b) che i modi del green varino, biocarburanti, e fuel, economie, fonti alternative e filtri a valle, riciclo e riuso? Il dogmatismo Ue mono elettrico, invece, per tutti i motivi enunciati è irrazionale. Ciascun Paese deve ridurre le emissioni a partire da quanto inquina e dalle sue dotazioni.

Talché un indirizzo eguale per tutti nei tempi e nei modi, applicato a realtà ineguali, è irrazionale e ingiusto. Ed è perciò sospetto di lobbismo e genera populismo. Mentre al contempo la guerra a est ha aumentato il consumo di gas e petrolio fossile per contraccolpo, oltre ai costi e spese da destinare alla riconversione. Con Paesi indebitati e diversi tassi di inquinamento, e senza debito comune. Inoltre. Con le case green a prescindere e per tutti e con elettrico obbligatorio, e con le guerre, i costi della necessaria riconversione ricadono sui cittadini. Insomma, chi paga? chi perde? chi guadagna in questo deal di cui noi non controlliamo la logica? Occhio. Il populismo nero è in agguato proprio su questo punto oltre che su immigrazione, e lo abbiamo già visto in Germania est. Il Pd e la sinistra, Penta civici inclusi, devono aiutare lavoratori e cittadini a capire, partecipare, scegliere e collaborare. E ciò riguarda anche la destra al governo, che non può opporsi in modo sovranista e negazionista al Green contro l’inquinamento e la tragedia climatica. Tutta la politica, quindi, dovrebbe fare uno sforzo civico per spiegare costi e benefici, programmare, proporre. Viceversa, la subalternità alle ideologie tecnocratiche e il rifiuto preconcetto di ogni mutamento, produrrà rivolte sovraniste e regressione nella lotta per il Green, e per una transizione a una economia ecologica circolare sostenibile, necessaria e condivisa.

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