Le ultime elezioni europee e amministrative ci consegnano un dato su cui riflettere, molto più importante delle percentuali raggiunte dai singoli partiti. L’astensione registrata sia alle europee del 25 maggio e soprattutto al secondo turno delle amministrative sono lo specchio di come gli italiani si siano negli ultimi anni particolarmente disaffezionati alla politica. L’altro elemento su cui è possibile canalizzare la nostra attenzione è la sempre maggiore mobilità del corpo elettorale italiano. Quest’analisi può essere facilmente condotta mettendo a confronto i risultati dei partiti conseguiti alle europee e alle amministrative. Soprattutto Pd e Forza Italia, che insieme raggiungono da soli oltre il 50% dei consensi, ottengono due risultati assolutamente differenti nelle due consultazioni prese in esame. In particolare il partito di Renzi, forte dell’exploit del 40%, raccoglie circa il 28% nei comuni medio gradi, dove era previsto il rinnovamento del consiglio comunale. Che succede allora?
In primis, la considerazione da fare è che solo una modesta percentuale di elettori sceglie il proprio partito secondo parametri ideologici. La politica italiana, elezione dopo elezione, si è principalmente polarizzata sulla figura del leader. Molti italiani, infatti, non solo scelgono poche ore prima a chi dare fiducia, ma offrono il loro consenso al leader che gli ispira più fiducia. Un’altra parte di elettorato, che alle europee ha raggiunto quasi il 50% e al ballottaggio in alcuni casi ha sfiorato il 70%, decide semplicemente di non votare. Questo spiega in parte la flessione subita dal M5S. Gli elettori grillini dal voto di protesta espresso l’anno scorso sono passati a una completa alienazione che si esprime nel non voto.
Questa volta per i partiti sarà dura risalire la china.