“Valentina” è il nuovo singolo di Irene Olivier, un brano che tratta una tematica molto attuale, quella dell’amore malato e le sue conseguenze, e rappresenta un punto di svolta per la cantautrice che da tempo desiderava scrivere un testo in italiano, ma senza perdere quella che è la musicalità internazionale che ha sempre contraddistinto la sua produzione musicale fino ad ora. Il pezzo è stato prodotto da Marco Gabrielli e, per ottenere un sound più caldo, analogico ed internazionale, il mastering è stato affidato ad Oli Morgan (Mastering Engineer di Elton John, Seal, Olivia Rodrigo, Mike Oldfield, Eminem e molti altri) degli Abbey Road Studios di Londra.
Come descriveresti il tuo nuovo singolo in tre parole e perché?
Sofisticato, violento e delicato.
Sofisticato, per il grande lavoro fatto a livello di suoni e arrangiamento che, spero, abbia valorizzato al meglio la canzone.
Violento, perché il tema trattato è la violenza sulle donne.
Delicato, perché è la proprio la delicatezza, quello che ho cercato, attraverso parole e simboli, per trattare il tema.
Parliamo di questo brano “Valentina, come nasce?
Valentina nasce, innanzi tutto, dalla grande voglia di scrivere un brano (il mio primo, finalmente) in italiano.
Il tema che ho trattato invece è “legato” al giorno di San Valentino.
Proprio la sera dello scorso San Valentino pensavo a quante donne avrebbero ricevuto fiori in quel giorno, da uomini in realtà violenti.
Per quanto riguarda la musica e l’arrangiamento invece, come sempre devo ringraziare il grande lavoro del mio produttore, Marco Gabrielli, che anche questa volta, come un po’ per tuti i nostri processi creativi, mi ha fatto sentire la musica prima, che mi ha poi ispirato il testo.
Da quale idea nasce il videoclip?
Il videoclip nasce da un’idea ben precisa: le “rose insanguinate” come simbolo della violenza.
La protagonista del video infatti, che sono io, ma è anche Valentina, o siamo tutte, è sdraiata a terra ricoperta di petali rossi, cha man mano le cadono addosso. Non vediamo mai fiori, rose, intere, ma sempre e solo petali. Questo per rappresentare una sorta di “rottura”, e in senso lato, di violenza. La violenza poi raggiunge l’apice (a livello sempre simbolico) quando i petali si rivelano sporchi di sangue, e sono quasi loro stessi fatti di sangue.
Per quale Big vorresti scrivere una canzone un giorno?
A dire il vero non lo so. Credo dipenda dalla canzone in particolare.
Ho immaginato più volte, così, tra me e me, alcuni miei pezzi reinterpretati da altri Artisti, ma sempre diversi. Non sono mai riuscita ad immaginarne uno in particolare.
Quale consiglio daresti a chi, come te, intende intraprendere un percorso nel mondo della musica?
Non credo di avere grandi consigli da dare, se non un paio di indicazioni, che sono più che altro personali e che cerco io stessa di seguire.
Non avere fretta e seguire sempre la propria strada artistica.
Il messaggio che vuoi portare con la tua musica?
Mi è molto difficile generalizzare un’intera produzione in un unico messaggio. Credo che tutti i processi creativi siamo un viaggio personale, fatto di esperienze e fantasia. Quindi, il mio messaggio potrebbe essere semplicemente il voler far ascoltare a più persone possibili la mia personale idea e rielaborazione di arte, nella musica.