“Esotica” è il terzo singolo estratto dal prossimo album “La Verità è un’Altra”, un brano che parla di canzoni e lo fa, in tipico stile iperuranico, in modo dissacrante. Una struttura compatta che libera un ritornello che martella. Un’invocazione divertita che domina un crescendo di suoni. “Dammi una città che sia davvero esotica, dammi una parola che suoni proprio erotica”. Il pezzo ironizza su tutte quelle paroline magiche (ed appunto esotiche…) che infarciscono molte delle hit (nostrane e non) con l’obiettivo di essere più accattivanti.
Al tempo stesso a L’Iperuranio non manca l’autoironia, confessando la propria inadeguatezza a percorrere quelle strade.
Se “Fare Domani” parlava del senso del dovere e “Ancora un altro po’” dell’amore, “Esotica” rappresenta il capitolo sulla musica, quello che non fa sconti e fa emergere un messaggio scomodo, facendolo galleggiare in un arrangiamento rockeggiante e pieno di ritmo.
La pre-produzione e molte delle registrazioni sono state realizzate dallo stesso cantautore. Il brano è prodotto da Alberto Bravin, poliedrico musicista, già voce della PFM; batteria, basso e parte dei synth sono stati registrati da Marco Vattovani presso il Bunker Studio a Trieste. Mix e Master sono stati curati da Leonardo Caminati.
Il nuovo disco sarà una vera e propria raccolta di cose che non vengono mai dette. Dritto al punto e senza filtri, una vera e propria raccolta di altre verità…
L’Iperuranio prova a dirci che si può essere leggeri senza per forza essere superficiali.
Come descriveresti il tuo nuovo singolo in tre parole e perché?
“Ironia portami via”. Perché anche nella vita di tutti i giorni scherzo di continuo sulle cose che non mi piacciono. Lo trovo terapeutico. “Esotica” è il mio modo di esorcizzare la musica che non mi piace, o meglio, il modo di fare musica che non mi piace.
Parliamo di questo brano, come nasce “Esotica”?
Il mio secondo disco, “La Verità è un’Altra” sarà una raccolta di canzoni che dicono le cose che di solito non si dicono. Il brano nasce dall’idea di ironizzare sui tormentoni estivi, prendendomi gioco di loro e al tempo stesso di me che non sono proprio adatto a produrre quella roba…
Cosa manca in Italia ai cantautori come te per diventare famosi?
Nel caso mio, un sacco di cose, tra le quali il desiderio di diventarlo. Sarei ben felice di avere un pubblico più vasto, sia chiaro, ma entro certi limiti. Faccio da sempre musica perché mi viene fuori e non per arrivare da qualche parte, diciamo che conquisto un ascoltatore alla volta. Di questi tempi, con le tonnellate di musica nuova che escono di continuo, emergere è una guerra. Una guerra che non è nelle mie corde combattere. La mia musica sta lì, pronta ad essere scoperta. Se la scoprono bene, se non la scoprono continuerò a farla perché mi va di farla.
Per quale Big vorresti scrivere una canzone un giorno?
Ho tanti artisti con cui mi piacerebbe collaborare, certo, non so se possono essere tutti definiti Big…
Di sicuro, Daniele Silvestri, perché pur avendo stili differenti, credo che ci sia un punto d’incontro nel nostro modo di usare le parole e adoro il fatto che non sia mai stato lì a vincolarsi ad un genere specifico.
Quale consiglio daresti a chi, come te, intende intraprendere un percorso nel mondo della musica?
Innanzitutto di non aspettare quindici anni per far uscire la propria musica, come ho fatto io, ahah.
In secondo luogo, di scrivere le cose che si sentono e non quelle che credi che gli altri vogliano sentire. Che uno abbia più o meno successo, non c’è bisogno di altri che non dicono niente. Il mondo ne è già pieno.
Il messaggio che vuoi portare con la tua musica?
In maniera diretta nessuno. Ognuno può trovare quello che vuole (o quello di cui ha bisogno) in una canzone. Ad ogni modo, voglio portare avanti il concetto che il vero senso della musica è scrivere solo quando si ha qualcosa da dire. I miei pezzi possono piacere o meno, ma ogni canzone che ho scritto, l’ho fatto per la necessità di dire qualcosa. Anche nei pezzi più frivoli, come Esotica.