Stati Uniti”. Del resto, la sua presenza negli Usa è iniziata un po’ per caso, non sono cose che puoi disegnare
a tavolino”. E racconta: “Il primo film, L’ultimo bacio, vinse un festival importante americano e lì trovai
un’agenzia che si interessò a me e poi mi arrivarono i copioni”. Tutto è accaduto in fretta: “In pochi mesi mi
ritrovai sul set con Will Smith.
Muccino parla anche dei suoi esordi e racconta di come la balbuzie sia stata “il propulsore più importante”
per la sua carriera. “Se ho fatto cinema – dice ai ragazzi – è stato perché intorno ai 16 anni balbettavo
molto. Il cinema è stato il mio modo per raccontare chi fossi e dare agli altri qualcosa di me attraverso il
corpo degli attori. Per cui quella sorta di handicap è stato il propulsore più importante perché io perseguissi
con tenacia e con impeto quella strada”. Una carriera iniziata con i cortometraggi: “Ho fatto tutte le scuole
possibili. Poi tutte le cose teoriche che ho fatto le ho dovuto abbandonare perché non erano abbastanza
pragmatiche”. La vera scuola, insomma, sono stati i cortometraggi: “In quella scuola lì ho sbagliato e ho
imparato moltissimo. Quando ho sentito di essere pronto a debuttare, avevo 29 anni, ho scritto un film e
l’ho proposto a un produttore. Nei primi tre film ho sempre sentito di crescere”.
Più volte nelle parole di Muccino, torna il concetto dell’intuito. “Come scelgo i temi? A volte vengono come
colpi di fulmine”, dice. Tanto che “i film che sono venuti meglio sono stati illuminazioni veloci. Devo dire –
ammette – che è un po’ dono intuire che storia raccontare e se la storia possa interessare il pubblico. È un
dono che non sempre riesce. Fa parte di un istinto che hai nella voglia di raccontarti e di raccontare”. E se,
tra i suoi film, dice di non averne uno preferito, precisa: “Sono molto legato al film che sto facendo. Poi,
quando esce, penso già al prossimo”. Eppure, “ci sono film a cui voglio bene perché mi hanno dato più
soddisfazione, sono stati visti da più persone, hanno avuto riconoscimenti speciali”. Insomma, “ci sono film
a cui voglio più bene e altri a cui non voglio bene”.
Non manca una considerazione su Will Smith. “È un grande professionista. Una concentrazione così forte e
assoluta su un progetto non l’avevo mai conosciuta prima di conoscere lui. Ha una forza interiore veramente
stupefacente, quando entra in una stanza l’energia cambia letteralmente. Lavorare con lui mi ha fatto
capire cosa sia darsi fino in fondo, cosa siano la disciplina e il rigore che questo mestiere richiede”.
Prima dell’incontro con i giffoner, rispondendo alle domande dei giornalisti, Gabriele Muccino parla del suo
prossimo film, Fino alla fine, al cinema dal 31 ottobre. “Il tema è un’avventura di una ragazza che in una
notte è costretta a fare delle scelte. E le scelte che farà la porteranno in direzioni che mai avrebbe
immaginato. È un po’ come uno scambio del binario che ci porta in una direzione diversa, lontana,
pericolosa rispetto a quella che pensavamo di percorrere”. Muccino dopo una clip realizzata dai montatori di questa edizione, racconta che nei suoi film gli incidenti sono quasi il fulcro della storia, ad esempio dice che sette anime, film di una bellezza magistrale è ispirato ad un tragico incidente, fatto da un pilota NASA che nel fare l’incidente causa la morte di sette persone, questo episodio è la prima volta che lo racconta.