I perchè della ricostruzione osteggiata di Città della Scienza*.
Bagnoli – Bagnoli è un sito d’interesse nazionale. Lo ha ricordato il Premier Matteo Renzi in occasione della sua visita a Napoli il 14 agosto, conclusasi con la firma dell’accordo per la ricostruzione di Città della Scienza e del protocollo d’intesa per la bonifica di Bagnoli-Coroglio.
E’ la prima volta che il Governo Renzi affronta l’annosa questione del quartiere Bagnoli di Napoli Ovest, che rappresenta uno dei maggiori progetti di trasformazione urbana su scala europea, sede di una ex area industriale di circa 250 ettari.
La sua decisione, però, ha provocato l’opposizione dei comitati civici, tra cui l’Assise Cittadina per Bagnoli e l’associazione Una spiaggia per tutti. Le associazioni del territorio, infatti, ritengono la scelta del Governo, anzitutto la ricostruzione di Città della Scienza, incompatibile con l’attuazione dei piani urbanistici in vigore, che invece prevedono il ripristino della linea di costa secondo la morfologia naturale del luogo, e la realizzazione di un parco pubblico dove prima sorgevano le industrie.
Lo scempio, che ha trasformato l’area Ovest del capoluogo campano, una località d’interesse archeologico, naturalistico e paesaggistico, in uno stabilimento industriale di base, ha origini lontane.
I primi impianti siderurgici costruiti a Bagnoli risalgono al 1907, quando i vincoli urbanistici non erano ancora in vigore. Il sito industriale si è poi espanso nel corso degli anni, facendo registrare abusi per fini speculativi che hanno richiesto a più riprese l’intervento della Magistratura.
Oggi la scelta di fare di Bagnoli un sito industriale con stabilimenti inquinanti è considerata l’errore più grande della storia sociale e urbanistica della città di Napoli. Secondo l’architetto e ambientalista napoletano Antonio Iannello, che fu Segretario dell’associazione Italia Nostra, «ciò fu causato dall’arretratezza della politica urbanistica italiana». Tale scelta, scrisse Iannello, «si ispirò alla vecchia concezione urbanistica dei primi anni dell’ottocento, che generò le mostruose città industriali inglesi descritte dalla famosa inchiesta di Engels sulle condizioni della classe operaia in Inghilterra».
Già negli anni ’60, dopo l’ampliamento della zona industriale e dopo la creazione della famigerata ‘colmata’, cioè un riempimento a mare, fatto di cemento e scarti industriali, grande ventidue ettari, l’area industriale di Bagnoli arrivò a estendersi su una superficie di 2.350.151 metri quadrati così ripartiti: Italsider 1.950.000 metri quadrati; Eternit 157.032 metri quadrati; Montedison 65.028 metri quadrati; Cementir 63.041 metri quadrati.
Dunque un’area industriale che si affaccia sul litorale Ovest di Napoli, nell’area geografica denominata Campi Flegrei. Lo stesso Iannello descriveva i Campi Flegrei come un luogo da cui «si può godere uno straordinario spettacolo di bellezze panoramiche o quadri naturali che si susseguono senza soluzioni di continuità al ruotare dello sguardo per un’ampiezza di 360°». «Accrescono il fascino di questo straordinario paesaggio i ricordi mitici cantati da Omero e Virgilio, la ricchezza delle testimonianze della cultura e della civiltà greca e romana presenti in ogni parte del suo territorio».
In questo contesto s’inserisce il progetto di ricostruzione della zona. Tuttavia l’area Ovest di Napoli, dove fino a trent’anni fa si produceva acciaio, cemento e amianto, è ancora bloccata. Le cause di ciò sono riconducibili all’inquinamento, alla difficolta di bonifica dei luoghi, e alla commistione d’interessi pubblici e privati.
A fare la parte del leone, finora, sono stati gli Enti pubblici che hanno gestito gli appalti per il rilancio della zona, anzitutto per le operazioni di bonifica iniziate nel 1996. In quell’anno la Bagnoli SpA (società dell’IRI, proprietaria dei suoli) impiegò miliardi di lire (261,5 di fondi pubblici, 81,5 di risorse proprie) per eseguire lo smontaggio e la vendita dei macchinari industriali, la demolizione di gran parte degli edifici, la realizzazione delle analisi dell’inquinamento nel sottosuolo.
La seconda fase della bonifica fu avviata nel 2002, quando il Comune di Napoli acquisì i suoli, conferendoli alla neocostituita Bagnoli Futura SpA, società a capitale pubblico, costituita per terminare la bonifica e realizzare la trasformazione urbana.
La STU –Società di Trasformazione Urbana Bagnoli Futura– partecipata dal Comune di Napoli al 90%, affidò questo compito a Fintecna, società interamente partecipata dalla Cassa Depositi e Prestiti.
La riqualificazione di Bagnoli è andata avanti a fasi alterne fino al 3 dicembre 2013, giorno in cui il Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, firmò un’ordinanza che obbligava Fintecna SpA a presentare entro trenta giorni il progetto per la rimozione integrale della colmata ai fini della messa in sicurezza dell’arenile di Bagnoli. Fintecna precisò subito di non essere tenuta allo smaltimento della colmata, avendo consegnato i suoli sin dal 2003 all’Autorità portuale, e ricorse al Tar Campania per chiedere la sospensiva dell’ordinanza. Il Tar rigettò la domanda.
A questo punto Fintecna intimò a Bagnoli Futura il pagamento di crediti vantati per circa 60 milioni euro. La Società di trasformazione urbana non potendo far fronte al pagamento è stata dichiarata fallita a maggio 2014 dal Tribunale.
Le operazioni di bonifica, costate finora circa 250 milioni di euro, sono state sospese dopo la sola messa in sicurezza della zona.
Secondo i Comitati civici Città della Scienza rappresenta l’ostacolo principale alla realizzazione della spiaggia pubblica di quasi due chilometri prevista dalla Variante al PRG per la zona occidentale del 1998 e dal Piano Urbanistico Attuativo per Bagnoli-Coroglio del 2005. Entrambi i provvedimenti dispongono, infatti, il trasferimento di Città della Scienza dalla futura spiaggia.
Inoltre, la realizzazione della spiaggia pubblica è stata anche sancita da una delibera d’iniziativa popolare, sottoscritta da 13mila cittadini e approvata il 25 settembre 2012 dal Consiglio Comunale di Napoli, che appunto dispone la destinazione a uso balneare gratuito e la gestione comunale di tutto il litorale da Coroglio a Bagnoli.
Città della Scienza è un centro di divulgazione scientifica e incubatore d’impresa gestito dalla Fondazione Idis guidata da Vittorio Silvestrini, insediato nei capannoni della ex Federconsorzi, ristrutturati nel 1993. La bonifica dell’area, ampia circa 6,5 ha, è stata realizzata dall’Idis con circa 105 miliardi di lire (di cui oltre il 90% di fondi pubblici).
L’area si sviluppa ‘a cavallo’ della strada litoranea. Un blocco di oltre 100mila metri cubi è posto di fronte al mare, lo stesso che è andato distrutto nell’incendio doloso del 4 marzo 2013, su cui sono in corso le indagini della magistratura.
Benché gli strumenti urbanistici prevedano l’abbattimento di tutti gli edifici insistenti sulla spiaggia, l’Idis ha una specifica deroga, grazie ad un accordo di programma del 1996 che ha disposto la sua permanenza in loco per un periodo di almeno settanta anni.
Secondo l’Assise Cittadina per Bagnoli «è così inficiato il recupero del litorale per favorire un’attività che presenta, accanto ad aspetti di pregio, diverse incompatibilità con le previsioni urbanistiche nonché oscurità politico-gestionali. Le attività di questo ente», continua il comitato in una nota, «sono state propagandate ben al di là della loro effettiva consistenza da un centrosinistra ansioso di esorcizzare ritardi e contraddizioni della riconversione di Bagnoli. Malgrado abbia marginalizzato la già circoscritta attività di incubazione d’impresa per dedicarsi al più proficuo settore degli spettacoli e dei congressi, e nonostante il flusso finanziario garantito dalle visite scolastiche, la società presenta da tempo bilanci in rosso, e tali perdite sono in parte a carico dalla Regione».
Infatti nel 2003 Città della Scienza ottiene un forte sostegno politico ed economico con l’acquisizione da parte della Regione Campania del 51% delle azioni.
Il business della ricostruzione è già costato 150 milioni. Finora la cementificazione dell’area è stata scongiurata dalle associazioni di ambientalisti e di urbanisti, tra cui spicca Italia Nostra, che recentemente ha presentato ricorso al TAR contro la decisione di ricostruire i padiglioni distrutti di Città della Scienza. Ma ora lo spettro del ‘mattone selvaggio’ si affaccia ancora su Bagnoli, anche alla luce delle recenti dichiarazioni del primo cittadino napoletano e delle associazioni di costruttori che auspicano «la costruzione sul lungomare di alberghi e attività recettive».
In questo contesto va considerato anche il caso Cementir, cementificio di proprietà del gruppo Caltagirone, le cui attività sono sospese dal 1990. L’industria occupa un’area di circa 6,5 ettari destinata a parco urbano. Il Comune di Napoli non l‘ha ancora acquisita, né è chiaro chi pagherà le necessarie operazioni di bonifica. La legge prevede che spetti ai proprietari dell’industria dismessa, ma questi, avendo la Cementir solo ‘sospeso’ le attività produttive, ne ricusano la responsabilità. Secondo l’Assise cittadina per Bagnoli «è presumibile che il gruppo Caltagiorne voglia inserirsi nelle operazioni edilizie di Bagnoli, chiedendo di poter edificare parte dei volumi previsti dal PUE o addirittura chiedendone di nuovi».
A tenere alta la guardia sui tentativi di speculazione edilizia, accanto ai comitati civici e alle associazioni di ambientalisti e di urbanisti, che per primi hanno intrapreso la battaglia per la tutela del territorio bagnolese, sono scesi in campo rappresentanti del mondo della politica e dell’informazione. In questo eterogeneo gruppo sono presenti anche gli attivisti dei centri sociali Bancarotta, del laboratorio politico Iskra, entrambi di Bagnoli, e dello spazio occupato ‘Zero81‘.
Queste ultimi si sono costituiti come gruppi di rappresentanza nati dal basso, e sono presenti in prima linea nelle battaglie per la salvaguardia dell’ex area industriale di Bagnoli.
Proprio alla vigilia della visita del Premier circa trenta attivisti di queste realtà e del comitato Una spiaggia per tutti sono saliti sulle impalcature del museo ‘Corporea’ in costruzione a Città della Scienza, in via Coroglio, ed hanno esposto striscioni in segno di protesta contro la firma dell’accordo.
L’impegno di questi attivisti, benché abbia una vocazione ambientalista, non può essere paragonato, come invece accade, a quello dei No TAV in Val di Susa. Anzitutto perché a Bagnoli il numero dei dissidenti è minore; in secondo luogo le forme di protesta messe in campo sono differenti, e sono incentrate sull’occupazione e l’autogestione dei luoghi contesi.
Secondo Emilio Gardini, sociologo e ricercatore dell’Università napoletana Suor Orsola Benincasa, “la presenza di questi gruppi di rappresentanza nati dal basso sta conferendo un nuovo assetto dal punto di vista dell’impegno sociale all’area di Bagnoli, finora legato prevalentemente ai movimenti operai. Benché ognuno di essi abbia idee politiche diverse, il loro contributo ha ravvivato la partecipazione democratica circa le sorti del quartiere. I giovani hanno così portato nuova linfa al confronto su Bagnoli, che nel corso degli anni si era affievolito a causa del fallimento dei piani di riqualificazione. Ciononostante devo costatare che tuttora manca un’idea definitiva su quale assetto dare a Bagnoli. In tal senso, un segnale forte da tenere in considerazione rimane la raccolta di circa 14mila firme che ha poi portato all’approvazione della delibera da parte del Consiglio Comunale per la realizzazione della spiaggia pubblica“.