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cronaca

Attestati farlocchi e sito copiato dal SILF Campania, le scuole di formazione: “Girano certificati regionali falsi”

NAPOLI – “In un momento burrascoso per la formazione professionale campana, dove la recrudescenza di rischio malaffare è dietro l’angolo, abbiamo avuto notizia di portali che riproducono fedelmente quelli regionali per produrre qualifiche e certificati assolutamente fasulli. Abbiamo già provveduto a informare la Regione Campania, siamo in attesa di un intervento deciso e di parole chiare”. Lo afferma Luca Lanzetta, presidente del MO.L.A. Campania (Movimento libero e autonomo scuole di formazione autofinanziate) che congiuntamente alle altre sigle di categoria maggiormente rappresentative del settore in Campania firma la missiva inviata il 22 marzo e destinata tra gli altri all’assessore regionale competente in materia, Armida Filippelli, in cui si evidenzia come probabili malintenzionati abbiano ricreato una pagina in tutto e per tutto simile a quella del SILF Regione Campania, con un nome a dominio che differisce per un singolo punto da quello originale, e che consentirebbe di verificare la veridicità di attestati fasulli. Addirittura, era possibile “atterrare a tale sito farlocco attraverso un QR Code e il gioco è fatto.

“Episodi del genere – scrivono i firmatari della lettera – non fanno altro gettare fango sul settore, screditando e svilendo il lavoro che le agenzie formative svolgono in maniera onesta quotidianamente, sempre con l’obiettivo di offrire una formazione seria e di qualità”.

 “Purtroppo – continua Lanzetta – sembra di assistere a un copione già visto e che credevamo di aver accantonato. Scopriamo invece ora che c’è ancora strada da fare per non commettere da un lato gli errori che in passato hanno caratterizzato la formazione campana, dall’altro per continuare il percorso per dare lustro a una formazione di qualità che in questa regione può essere viatico di crescita e opportunità per tantissimi ragazzi (e non)”.

“Contiamo – conclude Lanzetta – che la Regione solleciti immediatamente magistratura e forze dell’ordine affinché si faccia luce su quanto accaduto e si individuino i responsabili. Ne va della credibilità dell’intero settore, in questo momento bersaglio di un attacco senza precedenti”.

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“Le intercettazioni telefoniche rappresentano un vulnus della vita sociale essendo svilito il loro importante ruolo all’interno della fase di indagini per lasciare posto ad una spettacolarizzazione giornalistica ed una modalità di attacco del ‘nemico’ politico o di chi ricopre ruoli istituzionali. Non c’è nessuna figura che sfugge alla ‘tagliola’ delle intercettazioni, ancor di più nell’era del Trojan Virus, gli stessi magistrati non ne sono esenti”. Lo afferma Walter Mauriello, presidente di Meritocrazia Italia, rappresentando la posizione garantista dell’associazione a tutela del merito. “Le intercettazioni non possono rappresentare una lotta tra poteri dello Stato ma solo la ricerca del miglior contemperamento tra legittime ed indispensabili esigenze di indagini e la tutela della persona, nei suoi diritti fondamentali. Ad esempio è necessario pubblicare le intercettazioni telefoniche senza considerare che il processo non è ancora iniziato e che dietro la persona ci sono rapporti famigliari, minori e attività lavorativa? È normale condannare il soggetto indagato in maniera pubblica senza avere più interesse al processo, che è l’anima della verità sostanziale? Sembra di rilevare l’ovvio ribadendo che la difesa è diritto inviolabile in ogni fase e grado del procedimento. E che ogni violazione del principio mette in forse l’essenza stessa dello Stato di diritto. Lo racconta la Carta costituzionale. Lo confermano i Codici di rito”. Eppure, secondo Mauriello, le vicende di cronaca consegnano “una realtà non sempre coerente con un quadro valoriale e normativo inequivoco. Il reiterato oltraggio alle garanzie processuali si fa sintomo di una grave deriva nell’amministrazione della Giustizia, con conseguente gravissimo allarme sociale. Non isolati, i recenti fatti di Genova mostrano l’ennesima violazione della riservatezza del colloquio tra difensore e assistito, oggetto di intercettazione, trascrizione e utilizzo da parte della Procura della Repubblica senza adeguata giustificazione”. “Nonostante il chiarissimo impianto normativo – continua Mauriello – le forme d’indagine oggi adottate dalla Procura di Genova continuano a colorare le prime pagine dei quotidiani. In continuità con il dettaglio tecnico delle proposte formulate con il ‘nuovo Progetto Italia’, Meritocrazia Italia oppone fermo biasimo alla condotta attuata e invoca assoluto rigore nel rispetto delle garanzie processuali e, in particolare, delle disposizioni che sovraintendono all’utilizzo dello strumento delle intercettazioni. Auspica altresì l’introduzione di norme che vietino agli inquirenti, oltre alle intercettazioni telefoniche e/o ambientali relative a conversazioni o comunicazioni riservate tra difensori e con le persone assistite, la trascrizione dell’esito delle stesse nei provvedimenti giudiziari, affinché non residui spazio alcuno ad elusioni, ancorché frutto di (comunque ingiustificabili) errori, in violazione dei principi posti a presidio dei diritti superiori dell’Uomo”. Meritocrazia Italia auspica provvedimenti legislativi che disciplinino in maniera rigorosa: La pubblicazione delle intercettazioni da disporre con provvedimento dello stesso GIP, che ne deve stabilire i criteri e limitazioni; Come svolgere la conferenza stampa della Procura della Repubblica; La modalità di informare i cittadini obbligando a dare medesima evidenza sia alla misura cautelare che alla evoluzione processuale.

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